Sushi migrant people

Ispirata a “La zattera della Medusa” di Théodore Géricault, (1818-1819)
l’opera “Sushi migrant people” di plexiglass e ferro, rivisita la tragedia che avvenne nell’Ottocento e la riespone, equiparando lo stato emotivo alla tragedia nei nostri giorni.
“Sushi migrant people” rientra nella categoria “SCULtherapy”: scultura della terapia dell’occuparsi e preoccuparsi dell’altro, dell’essere umano, agendo direttamente, interagendo insieme.
Nel titolo si trova la lettura contemporanea di quei esseri umani e della loro esistenza.
Equiparati al pesce crudo giapponese, esseri umani stipati come animali su queste odierne zattere. Considerate ancore di salvezza, queste ultime invece si trasformano in carrarmati che affondando nelle gelide acque trascinano i corpi senza vita, senza volto e senza nome, negli abissi.
Plexiglass e ferro sono i materiali. Entrambi freddi.
Figure rigide, come ghiacciate, immobili.
Ibernate da altri esseri.

“Sushi migrant people” denuncia e giudica il peggior crimine: l’indifferenza.